Il divoratore di monete

Oggi l’agenzia di rating Standard and Poor’s (nome che già la dice lunga) ha declassato il debito italiano da A+ ad A. Ovvero avverte i propri assistiti che crescita e stabilità nel nostro Paese sono a rischio e quindi investire è un azzardo. E fin qui tutti quelli che non hanno fondi speculativi o centinaia di migliaia di euro da investire potrebbero tranquillamente dire “e chissenefrega”.

Senonché la cosa ha scatenato la solita bagarre politica. Berlusconi che dice “è colpa dei media”. E l’opposizione che ribadisce “se ne deve andare, la colpa è solo sua e del suo cattivo Governo”. Implicando con questo che è ora che l’Italia cambi timoniere. Ovvero loro.

Da sempre, e l’ho scritto più volte, temo più i prossimi (governanti) dei presenti.

E girando qui e lì fra le news di media mainstream e non mi sono imbattuto in questo bell’articolo. Si racconta in maniera dettagliata come la nuova faccia dell’imperialismo sia di fatto democratica, liberal ed ecosolidale. Parole d’ordine molto in voga in tutto l’universo che da noi si chiama “progressista” e che ai liberal-democratico-ecosolidali americani più o meno si rifà.

Ma il legame fra gli uni e gli altri non è solo filosofico. Non si tratta solo di temi condivisi o di principi comuni. Il legame passa anche attraverso i cospicui denari di un signore che al secolo passa sotto il nome di George Soros.

Da ragazzino leggevo Silver Surfer. Il suo padrone e acerrimo nemico si chiamava Galactus, “il divoratore di mondi”. Ecco, Soros è “il divoratore di mo…nete”.

Ad 81 anni possiede un patrimonio familiare di 14,5 miliardi di dollari. Uno dei più vasti del pianeta e l’unico che al momento amministrerebbe (ci torniamo su dopo) stando alle sue dichiarazioni. In luglio aveva infatti detto che si sarebbe ritirato, che non si sarebbe più occupato di speculazioni finanziarie ma avrebbe addirittura restituito parte del maltolto.

Cosa abbia fatto nella vita per diventare così ricco è spiegato bene in diversi articoli sulla rete. Ne copio e ne incollo uno che reputo chiaro ed esaustivo.

“Figlio dello scrittore esperantista ebreo Tivadar Schwartz, Soros aveva 13 anni quando la Germania nazista conquistò l’Ungheria. Nel 1947 emigrò in Inghilterra e si laureò alla London School Of Economics. Nel 1956 partì alla volta degli Usa con l’obiettivo di guadagnare abbastanza denaro a Wall Street per potersi mantenere come scrittore e filosofo. Bersaglio sicuramente centrato. Fondatore del Soros Fund Management, nel 1970 fu uno dei co-fondatori del Quantum Fund insieme a Jim Rogers. Il fondo ebbe un rendimento del 3.365% nei successivi 10 anni (42,5 per cento ogni anno per 10 anni), e creò la base della fortuna di Soros”.

Fin qui le regole del capitalismo finanziario, si potrebbe sostenere. Ma l’anno di grazia del super magnate, dell’uomo più influente del mondo, fu il 1992. Nell’arco di 12 mesi Soros compì, in combutta con alcuni istituti finanziari,  qualcosa che nessuno è mai riuscito a ripetere. Il 16 settembre vendette allo scoperto più di dieci miliardi di dollari in sterline, approfittando delle resistenze della Bank of England ad aumentare i tassi di interesse in linea con quelli degli altri paesi del Sistema monetario europeo. Alla fine, si innescò una gravissima crisi che portò a svalutare la sterlina e farla uscire dallo Sme. Stessa sorte di lì a poco toccò alla nostra lira. Con una serie di acute mosse finanziarie Soros costrinse la Banca d’Italia a bruciare 40 mila miliardi di lire. Da quel processo Soros guadagnò una cifra stimata in oltre un miliardo di dollari. Alcuni analisti sostengono che abbia causato problemi simili a franco e marco e che ci sia il suo zampino anche dietro alla crisi asiatica del ‘97. All’inizio del millennio la Corte di Giustizia francese lo ha condannato a pagare 2 milioni di euro per insider training. Bruscolini. Quasi la ferita di cui il veterano si vanta di fronte ai commilitoni.

Neil Clark scriveva nel 2003 nel New Statesman che “l’opinione convenzionale, condivisa da molti a sinistra, è che il socialismo sia collassato nell’Europa orientale per via delle sue fragilità di sistema e per il fallimento da parte delle élite politiche nel costruire un supporto popolare. Ciò in parte può essere preso per vero, ma il ruolo di Soros è stato fondamentale. A partire dal 1979, ha distribuito 3 milioni di dollari l’anno a movimenti di dissidenti tra i quali il movimento Solidarnosc in Polonia, Carta 77 in Cecoslovacchia e Andrei Sakharov nell’Unione Sovietica. Nel 1984, ha fondato il suo primo Open Society Institute in Ungheria e fatto affluire milioni di dollari per il finanziamento di movimenti di opposizione e media indipendenti”.

Inoltre ci sono i soldi di Soros  dietro a tutte le “rivoluzioni colorate” dell’Europa Orientale e di parte del Bacino del Mediterraneo.

E ci sono i soldi di Soros anche dietro le campagne elettorali per Kerry prima e Obama poi. Rimase famoso il suo discorso “Perché non dobbiamo rieleggere il Presidente Bush”, con il quale il 28 settembre del 2004 cercò di convincere l’elettorato americano. Il testo si concentra quasi integralmente sull’invasione dell’Iraq e sull’agenda privata che Bush avrebbe perseguito mettendo a rischio la sicurezza e l’economia americana.

Il magnate ungherese naturalizzato americano sembrerebbe avere due volti. Da una parte la disdicevole arma della speculazione finanziaria e dall’altra il filantropismo che punta a creare “democrazie vibranti e tolleranti”. Così recita l’incipit del sito del suo Open Society Insitute, che con filiali in tutto il mondo (due anche in Italia sembra) convoglia fondi verso movimenti politici “anti-oscurantisti”. Ovviamente è Soros stesso a stabilire cosa sia “oscurantista”.

Strappata la maschera, la realtà che c’è sotto la descrisse bene lo stesso Clark. “[…] la triste conclusione è che, nonostante tutto il suo citare Popper, Soros aspira a società “aperte” non perché rispetti I diritti umani o le liberta di base, ma “aperte” per lui e i suoi associati per fare soldi”. E fra gli esempi il giornalista cita c’è l’investimento di 50 milioni di dollari in Kosovo per acquisire il controllo del complesso minerario di Trepca, il cui oro, argento e piombo valevano ben 5 miliardi di dollari. Cento volte tanto. In poche parole la vecchia tecnica del “sovverti l’ordine costituito, proponi riforme a tuo vantaggio e acquista a basso prezzo”.

A un osservatore attento la tecnica non sembrerà nuova. In genere le chiamano “privatizzazioni”. Più recentemente, per evitare il termine “privare” e avvicinare invece quello più comodo di “libertà”: liberalizzazioni. Sono le solite ricette del FMI, della Banca mondiale e di tutti gli istituti creditizi che intervengono per “risolvere” il debito pubblico di questo o quello Stato sovrano.

Ma che c’entra Soros con l’Italia?

Sembra che da noi abbia solo finanziato il Partito Radicale e le cosiddette battaglie per i diritti civili. Questo ufficialmente. Ma in realtà il grande supporter nostrano del magnate ottantunenne è una vecchia conoscenza. Il Professor Mortadella. Ebbene sì l’uomo della Distruzione Industriale. L‘osannato e famigerato Romano Prodi.

Da capo del Governo il professore spiegò di aver iniziato a collaborare con lui dopo aver lasciato la prima volta la presidenza dell’IRI, facendo il consulente per la banca d’affari americana Goldman Sachs (attenzione la coincidenza non è casuale). Era stato incaricato di contribuire, insieme con economisti ed esperti finanziari di varie nazionalità, al processo di liberalizzazione economica dell’Unione Sovietica. Nemmeno a farlo a posto uno dei progetti di sviluppo dei Paesi dell’ Est su cui lo speculatore investiva ingenti capitali tramite le sue fondazioni. Insomma Prodi faceva un po’ il gioco di Soros.

Nel ‘95 li troviamo entrambi contestati dai giovani di Alleanza Nazionale All’Università di Bologna, feudo di Prodi. Il professore e i suoi accoliti partecipano alla cerimonia per la laurea honoris causa conferita a Soros dalla facoltà di Economia, presieduta da Stefano Zamagni, stretto collaboratore dell’ ex primo ministro emiliano. Il pomeriggio Prodi presenta anche l’edizione italiana del libro autobiografico del magnate.

Inoltre, quando Prodi era alla UE almeno in un’occasione il suo portavoce Ricardo Franco Levi si trovò costretto a rispondere a un cronista del Corriere della Sera che “Nel loro incontro a Bruxelles hanno affrontato solo temi di politica internazionale”. D’altra parte Soros e Prodi hanno comunque sempre smentito qualsiasi rapporto finanziario in comune o eventuali contributi economici all’attività politica in Italia dell’ex leader dell’Ulivo. C’è da crederci. Soros non sarebbe mai stato così ingenuo da finanziare direttamente alcunché. Ma basta leggere un po’ la sua biografia per capire che le vie dei finanziamenti alla politica sono infinite.

Dunque Soros, Prodi … Massimo D’Alema, che lo definì “un uomo di grande valore, un intellettuale impegnato in grandi azioni umanitarie”. Rutelli che nel 2005 andò fino a New York per un pranzo con il magnate … insomma mi pare chiaro che gli ingredienti ci siano tutti.

Con questo non sto dicendo che temo la gioiosa macchina da guerra perché penso che dietro ci sia in agguato Soros. Ma perché la saldatura d’interessi fra politica e bande affaristiche non è una prerogativa della sola destra. E perché a sinistra, quando questo avviene, avviene con Soros e speculatori di quella risma.

Ma non è tutto. Il blog di Federico Rampini il 2 settembre riportava un notizia dal titolo Contro l’euro c’è una regìa Goldman Sachs. Uno dei più importanti strateghi della banca, il 57enne Alan Brazil, avrebbe recapitato un documento di 54 pagine a poche centinaia di grossi investitori istituzionali che sono i migliori clienti di Goldman Sachs. Il rapporto di Brazil è estremamente negativo sulle possibilità di salvare l’eurozona dalla crisi attuale. Offrendo alla clientela Vip una strategia di speculazione ribassista. Si tratta di prendere una posizione “contro”, investendo in un indice di credit default swaps il cui valore aumenta se cadono le azioni delle banche europee. In sostanza un’azione speculativa che ha come obiettivo l’annientamento dell’euro.

Ci ricorda qualcosa?

E infatti la presenza di Goldman Sachs, sottolinea Rampini in uno schieramento di investitori che “remano contro” l’euro era già stata segnalata in un altro contesto: le famose “cene di Manhattan tra gli hedge fund” segnalate l’8 febbraio scorso, con la partecipazione di George Soros, che avevano coinciso con attacchi coordinati all’euro e la partecipazione di un trio di grandi banche di Wall Street tra cui la stessa Goldman”.

I nomi sembrano essere sempre gli stessi. Possibile che a febbraio Soros fosse in combutta con Goldman Sachs per assaltare l’euro e a luglio si sia pentito ritirandosi a “gestione privata”? C’è da pensare che il “divoratore di mo…nete” sia di nuovo in agguato. E se non lui, chi per lui. Ma leggendo Rampini sembra addirittura che le cordate anti-euro, pronte a far scommettere gli investitori sul collasso della moneta del vecchio continente siano anche consulenti di governi in difficoltà. Tipo la Spagna. Conflitto di interessi? Doppio gioco?

I nomi sembrano essere sempre gli stessi. E sono i nomi degli amici degli oppositori di Berlusconi. Sono i nomi di quel centro-sinistra vigliacco e latitante che non ha il coraggio di uscire allo scoperto nemmeno sui soldi di Penati.

Ecco perché quelli mi fanno più paura dei cialtroni di ora.

Ecco perché ho timore che stavolta nemmeno Silver Surfer riuscirà a salvarci.


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